"Nelle foto noto che ho sempre una spalla più bassa rispetto l’altra…ho la scoliosi?”.
Non è detto, perchè non sempre ad una apparente deformità morfologica corrisponde una effettiva alterazione strutturale; per una risposta serve una attenta valutazione.
Occorre infatti differenziare i paramorfismi dai dismorfismi; esaminiamo le differenze.
Nella sezione “dolore alla colonna" si è fatto un breve accenno all’anatomia del rachide ed analizzato le curve fisiologiche della colonna nel piano sagittale, cifosi e lordosi. Abbiamo visto che atteggiamenti posturali non corretti possono alterare l’aspetto del rachide, con comparsa di ipercifosi e iperlordosi o diminuzione delle curve.
E’ una problematica reversibile su cui si può agire con opportuni esercizi e questo tipo di alterazione, come tutte quelle in cui non vi è modifica strutturale-ossea ma morfologica-funzionale, prende il nome di "paramorfismo".
L’atteggiamento scoliotico è un tipico esempio di paramorfismo; la valutazione della problematica si effettua osservando il paziente frontalmente e si prende nota di ogni asimmetria tra gli emilati del corpo. Può avvenire, ad esempio, che una retrazione muscolo-fasciale indotta dal mantenimento prolungato di una postura scorretta possa far basculare il bacino e determinare una “falsa gamba corta” innescando una problematica di tipo "ascendente", laddove il dislivellamento del bacino altera la morfologia della colonna e dà luogo ad evidenti segni in stazione eretta come una spalla più alta di un’altra, una asimmetria delle scapole e una chiusura o un’apertura del triangolo della taglia, lo spazio compreso tra il profilo di un fianco ed il lato interno del braccio. Tali alterazioni, come detto, sono correggibili con la fisioterapia e sono visibili solo in alcune posizioni, generalmente in piedi. In altre posizioni, in flessione o da sdraiati, le vertebre si riallineano e le deviazioni scompiaono o almeno si riducono (come nel test di Adams).
Quando invece, le anomalie si presentano nonostante interventi correttivi che dovrebbero assicurare una perpendicolarità alla colonna vertebrale è possibile trovarsi in presenza di un quadro clinico denominato “dismorfismo”, in cui è presente una alterazione strutturale irreversibile del rachide. E’ il caso della scoliosi o di altre patologie, come la malattia di Scheurmann che colpisce le vertebre dorsali e porta una ipercifosi strutturata.
Il processo scoliotico è caratterizzato da una deviazione laterale della colonna vertebrale a cui si associa una rotazione dei corpi vertebrali. Per comprendere l'alterazione delle curve, bisogna immaginare il rachide come una struttura che si muove in un piano tridimensionale; la concavità nel tratto di curva scoliotica espressa sul piano frontale favorisce lo spostamento dei nuclei polposi e la rotazione dei corpi vertebrali dal lato opposto del rachide, verso la convessità. L'alterazione è quindi visibile anche nel piano sagittale, con la comparsa di gibbi lombari o dorsali (cosiddetta gobba), conseguenza delle rotazioni delle vertebre e delle coste associate.
Oltre una curvatura in un tratto specifico della colonna ed una rotazione delle vertebre, nella scoliosi può comparire una seconda curva, detta di compenso, che nasce per mantenere la verticalità del capo (importante per l'orizzontalità dello sguardo e per l'udito) e che conferisce alla colonna vertebrale l'aspetto caratteristico e patologico di una "S" italica. Le curve scoliotiche sono analizzate radiograficamente con il metodo di Cobb e la misura degli angoli, unita al test di Risser che valuta lo stato di accrescimento delle ossa, fornisce indicazioni sull’entità del disturbo e sulla evoluzione nel tempo e dà, quindi, informazioni per impostare un piano teraupetico.
Nelle prime due figure a sinistra un paramorfismo, per una eterometria degli arti, smascherato con un rialzo.
Nelle figure centrali e di destra, atteggiamento scoliotico e scoliosi con comparsa del gibbo nel test di Adams.
Perché compare la scoliosi, cosa comporta e come si può intervenire?
La scoliosi più diffusa è quella primaria o idiopatica che si sviluppa nel corso della pubertà fino alla maturità ossea. Secondo recenti studi, sembra appurato che l’origine della scoliosi abbia una base ereditaria e che alle sue cause, che restano peraltro ignote, possa contribuire una serie di fattori concomitanti, di tipo ormonale, biochimico, biomeccanico e neuromuscolare.
Oltre a causare problemi di natura estetica, quindi psicologica, e dolore di natura muscolo scheletrica, nei casi più gravi, a causa di effetti compressivi sugli organi interni, possono comparire complicazioni respiratorie e cardiologiche, oltre a possibili disturbi al sistema nervoso. In relazione alla gravità del processo scoliotico in corso, si interviene con terapie diverse. Nell’età infantile-adolescenziale, in caso di scoliosi lievi, si consiglia la terapia ortopedica allo scopo di bloccare la progressione della curva. Si ricorre in questi casi a corsetti e busti che nei casi più lievi possono anche portare alla completa correzione della deformità e, in quelli meno lievi, possono comunque bloccare l’evoluzione e prevenire eventuali peggioramenti. Quando la scoliosi è grave ed è a carattere rapidamente evolutivo, il medico potrebbe suggerire anche la necessità di un intervento chirurgico.
Purtroppo la fisioterapia non può fare miracoli sui dismorfismi; si ha a che fare con anomalie strutturali importanti.
Gli esercizi, tuttavia, possono far riconoscere al paziente la deviazione scoliotica di cui soffre, il quale, anche in autonomia, potrà applicare utili movimenti correttivi. Il miglioramento del tono muscolare e della postura è certamente utile se inquadrato nell’ottica di contenere l’evoluzione della patologia ed i sintomi associati.
Immagini radiografiche di una scoliosi ridotta grazie all'utilizzo di un busto.
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